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DIAGNOSI COME POSSIBILITÀ

Aggiornamento: 15 mag 2020

Quello che accade molto frequentemente è che i pazienti arrivino in studio in cerca di una diagnosi, che la cerchino per ragioni diverse oppure ne arrivano già forniti.

E' il caso della famiglia che stiamo vedendo, composta da mamma nonna e nipote.

La madre, una giovane donna poco più che trent'enne ha una diagnosi di disturbo di personalità borderline. Le è stata fatta da uno psichiatra in età adolescenziale dopo che la sua stessa madre aveva iniziato a notare dei comportamenti che le sembravano quanto meno bizzarri. Chiediamo alla figlia cosa ne pensi della diagnosi che le è stata fatta, le chiediamo se è d'accordo e se sì in cosa. Capita spesso che la diagnosi dei disturbi psichici avvenga attraverso raccolta di informazioni e comportamenti riferiti o dal paziente stesso o da parenti, sempre poi supportati dalla testistica specifica somministrata dal professionista. Molto meno di frequente succede che si dedichi del tempo a ragionare insieme al paziente su cosa ne pensi lui della diagnosi che gli è stata fatta.

Informarsi con il diretto interessato su che opinione abbia può fornire preziose informazioni. Alcune domande che si possono proporre ai nostri pazienti sono: - Chi ti ha fatto la diagnosi ti ha spiegato cosa significa? - In cosa sei d'accordo della diagnosi e in cosa non ti senti di aderire? - Secondo te da quanto tempo questa diagnosi esiste nella tua esperienza di vita? - Prima della diagnosi c'era qualcosa di diverso? - Cosa è successo dopo che ti è stato diagnosticato questo disturbo? E' cambiato qualcosa? - Prendi dei farmaci per questo disturbo? Se sì senti che ti stanno aiutando? - Chi della tua famiglia è d'accordo con la diagnosi e chi no


Queste sono solo alcuni esempi per provare ad aggiungere elementi alla storia dl paziente e della sua diagnosi, senza limitarsi alla constatazione della presenza del particolare disturbo psichiatrico con cui si ha a che fare. Aggiungere informazioni permette di ampliare il campo e la visuale, allargare lo sguardo verso la storia relazionale dei sintomi e delle diagnosi. Restando cristallizzati sul "io ho un disturbo bipolare" oppure "io sono depresso" non è possibile fare dei passi in direzioni diverse. "Indagare" sulla diagnosi riferita alla storia e all'esperienza della persona che si ha di fronte nel qui e ora permette invece di disegnare un quadro in cui appaiono più personaggi,si delineano eventi e situazioni vissuti e si circonda il "paziente diagnosticato" con voci, colori, volti di altre figure a lui vicine togliendolo dall'isolamento diagnostico.


Dott.ssa Chiara Gianati



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